Giovani che si isolano dalla società: cos’è il fenomeno dell’”Hikikomori”
“Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte”, ed è utilizzato per definire quei ragazzi, soprattutto adolescenti, che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (mesi, anni), rinchiudendosi
nella propria camera da letto, senza avere nessun contatto diretto con il mondo esterno. Spesso hanno tra i 14 e i 25 anni, non studiano e non lavorano, non hanno amici e trascorrono gran parte della loro giornata in camera. Generalmente non
parlano con i genitori e non partecipano alla vita familiare. Si rifugiano nella rete e nei social network, che rimane l’unico contatto preservato.
In Giappone questo tipo di disturbo era noto già a partire dagli anni ’80, e al momento lì vi risultano oltre 500.000 casi accertati, ma secondo gli esperti la cifra può arrivare anche al milione. Anche in Italia le associazioni che si occupano del
fenomeno stimano almeno 100 mila casi. Al momento non esiste una vera diagnosi ed è difficile per i genitori capire cosa succede, perché spesso il ragazzo inizia a manifestare il disagio affermando di non voler più andare a scuola
Le cause sono diverse:
– Caratteriali: i ragazzi hikikomori sono spesso intelligenti, introversi e sensibili, spesso si sentono “diversi”
– Familiari: si rileva assenza della figura paterna e eccessivo attaccamento alla figura materna. Il ragazzo rifiuta qualsiasi tipo di aiuto
– Scolastiche: il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli di allarme dell’hikikomori. L’ambiente scolastico viene vissuto in maniera molto negativa e molte volte dietro il rifiuto scolastico si nasconde una storia di bullismo. Il
periodo più a rischio sembra coincidere con l’inizio o la fine della scuola superiore
– Dipendenza da internet: il fenomeno dell’hikikomori è notevolmente collegato alla dipendenza da internet. Il ragazzo rifiuta i contatti diretti con il mondo ma spesso passa molte ore al pc. Alcuni studi si stanno interrogando se la dipendenza da internet sia una causa, oppure una conseguenza dell’isolamento.
Qualche consiglio per i genitori:
– Dare ascolto e presenza, e sapere sempre che cosa fanno i ragazzi, specie i giovanissimi, quando sono davanti allo schermo
– Quando ci si accorge che il figlio non vuole andare a scuola, occorre capire che sotto potrebbe esserci un disagio (soprattutto alle scuole medie o superiori) e non un semplice capriccio. In questo caso il ritorno in classe dovrebbe essere l’obiettivo e non lo strumento: si consiglia un approccio graduale e non forzato
– È necessario comprendere da dove deriva l’ansia, che spesso non è nei confronti della scuola in sé o delle materie ma verso la socialità con i compagni
Genitori, NON siate amici dei vostri figli
Come trovare un equilibrio tra complicità e autorevolezza
Spesso il dibattito è aperto: meglio essere genitori austeri e autoritari, o amici fidati dei propri figli? La risposta è semplice: nessuna delle due. Spesso i genitori si pongono come confidenti, vogliono essere un punto di riferimento per i propri figli
tanto che finiscono con il mettersi sul loro stesso livello. La ricerca del dialogo e la condivisione sono fondamentali, ma il genitore non deve essere confuso con un compagno di giochi o come un’amica fidata.
La relazione tra genitori e figli si basa sin dalla sua origine su una differenza: tra un grande e un piccolo, tra chi si assume delle responsabilità e chi non le ha, tra chi ha competenze e agisce in base all’esame di realtà presente e futura e chi invece ha
bisogno di essere aiutato ad orientarsi, ad apprendere, ad acquisire gli strumenti e ad essere contenuto e accompagnato. È bene che non si confondano i ruoli (ad esempio farsi raccontare tutto come se i genitori fossero gli amici del cuore) perché
il rischio che si corre è quello di perdere il proprio ruolo genitoriale e non rappresentare più un punto di riferimento. Il genitore deve mettere dei limiti che ricordino sempre che ci sono delle differenze tra lui e il figlio. Le regole e i confini, se
dati come un senso e non come un’imposizione, danno valore al figlio che si sente riconosciuto come tale, e gli permettono di avere una guida entro la quale sentirsi al sicuro.
Mantenete il vostro ruolo educativo senza timori
Spesso le origini delle sofferenze nei figli derivano da molte inversioni di ruolo: il genitore non si sente sufficientemente sicuro di sé e cerca conferme nel figlio, finendo così di mettere in discussione il proprio ruolo di leader.
I figli si aspettano dai propri genitori un comportamento da adulto, del quale hanno bisogno per poter crescere serenamente, hanno bisogno di un contenitore, di uno spazio chiaro e definito nel quale muoversi in sicurezza. Mai come ora i bambini o gli
adolescenti hanno bisogno di confrontarsi con adulti stabili e di solidi pilastri ai quali potersi aggrappare.
Non dobbiamo essere amici: essere madri (e padri) e figli è qualcosa di molto di più.
Linee guida per adolescenti fuori controllo
Arrivata la preadolescenza, molti genitori non riconoscono più il loro figlio: quello che prima era un bambino docile, obbediente, gentile, all’improvviso diventa arrogante e sfuggente, sempre nervoso, che va su tutte le furie e sembra preoccupato solo di non perdere la popolarità tra i coetanei. Come possiamo gestire tutto ciò? Come capire il comportamento di questo nuovo individuo che ci troviamo per casa?
È necessario innanzi tutto comprendere che l’adolescente che ci troviamo di fronte è molto diverso dall’adolescente che siamo stati noi. Se nel passato potevamo contare su genitori più presenti fisicamente, oggi questo aspetto è certamente cambiato: in quasi tutte le famiglie lavorano sia il papà che la mamma molte ore al giorno, e a distanza provano ad organizzare in modo preciso ogni momento della giornata del figlio cercando di non fargli mai provare né noia né solitudine. I bambini e gli adolescenti di oggi, diversamente da noi, sono sempre connessi: nella nostra società globalizzata i bambini sono costantemente esposti a tv, social network, smartphone, cellulari, smart tv che impediscono loro di provare una “giusta dose” di disconnessione, noia e solitudine. Se un tempo gli unici modelli di identificazione erano i nostri genitori, ora i ragazzi hanno tantissimi stimoli ed esempi diversi.
Qualche consiglio:
- Non cercare di dire “io alla tua età….” Loro non sono noi, e noi non siamo stati adolescenti nella società di oggi, non capirebbero il paragone
- Cerca di costruire una relazione: no connessione, relazione!
- Crea regole. Ascoltali, cerca di comprenderli dando sempre loro i sani limiti. Se sarai in grado di dare regole chiare e credibili, e soprattutto regole che sarai il primo a rispettare, avrai guadagnato un pezzo della loro fiducia.
- Le punizioni non bastano. Castighi, punizioni, urli, reazioni violente possono generare frustrazione nei figli, che tenderanno ad agire in modo altrettanto radicale. La chiave per risolvere i problemi sta nel garantire una maggiore presenza dei genitori, dare attenzioni, affetto, mostrare il proprio interesse
- Abbassiamo i toni: di fronte a comportamenti di sfida, provocatori o aggressivi proviamo a contenerci. Dobbiamo essere autorevoli, non autoritari
- Critica i suoi comportamenti, non la sua persona. Criticarlo ed offenderlo come persona non farà altro che colpire la sua autostima, e lui si sentirà inadeguato. Non dimenticare che il dialogo e il rispetto reciproco sono regole fondamentali per la cura di ogni rapporto.
- Evitiamo di incolparli. Essere adolescenti oggi è davvero difficile ed impegnativo!
- Se il disagio è serio, chiedi aiuto