Immagine corporea e benessere: quale relazione?
Schilder (1935) definisce l’immagine corporea “quel quadro del nostro corpo che formiamo nella nostra mente, ovvero il modo in cui il nostro corpo appare a noi stessi.” È interessante sapere che lo studio delle rappresentazioni corporee nasce nel XVI secolo, quando il chirurgo Ambroise Parè osservò e definì il cosiddetto fenomeno dell’arto fantasma, riscontrabile in soggetti che avevano subito l’amputazione di un arto (Guaraldi, 1990).
Ma come nasce l’immagine corporea?
Secondo alcuni studiosi questo costrutto si acquisisce attraverso 6 stadi principali (Lis, Venuti e Basile, 1990)
– Nascita: il neonato percepisce il proprio corpo in maniera vaga, globale, indifferenziata
– 3° mese: il bambino inizia a mostrare interesse per il mondo esterno, ma non distingue sé stesso dall’ambiente circostante (Wallon, Piaget, Mahler, 1954, 1967, 1982) e la sua bocca media tra i suoi bisogni e l’esterno (suzione)
– 6° mese: inizia la differenziazione tra sé e il mondo esterno
– dal 6° al 12° mese: il bambino sperimenta il proprio corpo e il mondo esterno e identifica meglio le forme corporee sugli altri piuttosto che su sé stesso
– dal 12° al 24° mese: il bambino scopre il mondo oggettuale (cioè il mondo attorno a lui). Dai 18 mesi impara a denominarsi guardandosi allo specchio (Mahler, 1982)
– dai 3 anni all’adolescenza: dai 3 anni il, bambino ha totale coscienza di sé. In preadolescenza prima e in adolescenza poi, avvengono tutte quelle trasformazioni nello sviluppo fisico, fisiologico e biochimico che coinvolgono il corpo e le sue rappresentazioni ed è per questo che l’adolescenza è il periodo forse più delicato, dove possono instaurarsi le prime insoddisfazioni e frustrazioni sul corpo e sull’accettazione di esso. Non accettare il proprio corpo e non piacersi sembra essere uno dei fattori predittivi di rischio per lo sviluppo di problematiche legate all’alimentazione.
L’immagine corporea sembra essere l’aspetto più doloroso ed invalidante nei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). La risoluzione della sintomatologia alimentare non sempre risolve il problema dell’immagine corporea e la persistenza di questo disagio è fattore predittivo di ricadute (Fairburn, 1993; Freeman, 1985; J.C. Rosen, 1990)
Immagine corporea: alcuni dati in infanzia e adolescenza:
– il 40% delle bambine e il 25% dei bambini delle elementari sono insoddisfatti del proprio corpo e vorrebbero essere più magri (Smolak, 1996)
– tra il 40 e il 70% delle ragazze adolescenti (12-17 anni) sono insoddisfatte di uno o più aspetti del loro corpo. Il disagio è avvertito soprattutto su fianchi, pancia, cosce (Smolak e Levine, 1996)
– Almeno la metà dei pz con DCA sovrastima significativamente la propria taglia (Collins, 1987, Horne et al. 1991)
– Nell’anoressia l’errata percezione della dimensione corporea predice livelli più alti di psicopatologia ad es: perdita del controllo, bassa forza dell’Io, alti livelli di depressione, introversione, ansia, anedonia.
Per le persone che soffrono di problematiche legate all’alimentazione il controllo alimentare rimane l’approccio più semplice per ridurre il problema dell’immagine corporea, e questo complica la gestione e la cura del disturbo. Il periodo
adolescenziale è uno dei più difficili proprio perché in questa fase lo sviluppo puberale solitamente si accompagna ad un aumento del peso, che è un normale processo biologico, ma può destabilizzare la ragazza o il ragazzo che lo sperimenta.
Ci sono diversi fattori con forte influenza sulle rappresentazioni corporee e ai quali dovremmo prestare particolare attenzione, come ad esempio:
– il ruolo importante dei genitori e dei pari (controlli del peso, critiche, commenti..)
– come l’ambiente reagisce ai cambiamenti del corpo dell’adolescente
– la valorizzazione della magrezza nella nostra cultura (influenza rilevante dei media (Field et al, 1999) Instagram, photoshop, ecc.)
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