Soli (…o con noi stessi?)
Il distanziamento e l’isolamento che stiamo vivendo sono misure necessarie per prevenire il contagio e il diffondersi delle infezioni, ma possono provocare effetti inaspettati sulla nostra psicologia e sul psicofisiologico.
Gli esperimenti sull’isolamento sociale (1, 2, 3, 4) hanno dimostrato che, dopo l’esposizione prolungata in ambienti isolati, le persone tendono a sviluppare:
– una riduzione del funzionamento del sistema immunitario
– una riduzione dello stato dell’umore con segni di depressione
– un aumento dell’aggressività
– una ipersensibilità a diversi stimoli, soprattutto quelli minacciosi
– malattie cardiovascolari
– declino cognitivo
Altri studi hanno invece dimostrato che questa dimensione accorcia la parte terminale dei cromosomi, considerati un importante indicatore dell’aspettativa di vita. Di conseguenza, gli animali che vivono in solamento sociale avrebbero i cromosomi più corti e dunque una vita più breve.
L’importanza delle relazioni sociali e della cooperazione
Ormai tutti sappiamo quanto siano indispensabili e protettivi i contatti sociali: le relazioni buone possono promuovere e proteggere il benessere psicofisiologico e riparare antiche ferite relazionali attraverso nuove esperienze di sicurezza. I contatti sociali sembrano anche attenuare gli effetti negativi dello stress e sembraesserci correlazione tra connessione sociale percepita e risposta allo stress: anche il solo sapere di avere qualcuno su cui poter contare potrebbe essere sufficiente a smorzare parte delle risposte allo stress, anche sequella persona non è fisica ente presente in quel momento. Per fare una prova, possiamo pensare ad una persona cara e vedere che cosa cambia nel nostro corpo e nella nostra mente quando pensiamo a lei.
Il benessere psicologico derivante da una buona relazione influenza molti parametri fisiologici:
– Il sistema cardiovascolare
– i livelli ormonali
– il sistema immunitario
– il ritmo sonno – veglia
Non c’è da meravigliarsi dunque se in questo periodo stiamo sperimentando alterazioni che riguardano queste funzioni: possiamo avere tachicardia, sensazione di respiro corto, insonnia o difficoltà di addormentamento.
La differenza fra “essere soli” e “sentirsi soli”
Come dicevamo all’inizio, in questo momento di isolamento necessario siamo indubbiamente più soli: siamo lontani dalle nostre famiglie, dai nostri amici e dai nostri affetti. Se ci pensiamo bene però, ci sarà capitato alcune volte di sentirci soli anche in mezzo a tante persone, e da qui può nascere la riflessione sulla differenza sostanziale che c’è tra l’essere soli e il sentirsi soli.
Forse in questo periodo facciamo fatica perché crediamo che qualcun altro diverso da noi possa intrattenerci meglio, divertirci di più e aggiungere qualcosa alla nostra vita. Tutto è più divertente se c’è qualcun altro a migliorarci, aggiungerci, aggiustarci, completarci.
Per poter superare questo momento storico diventa importante sapere stare con sé stessi, riscoprire il piacere di prendere le distanze da tutto il mondo fuori, dall’affanno e della quotidianità. In quest’ottica possiamo trovare lo spunto per la scoperta di una solitudine non negativa, ma vitale, perché ci aiuta a riscoprire il legame più potente: quello con noi stessi.
Bibliografia:
1. Kanas N., Psychosocial issues affecting crews during long-duration international space missions,
in Acta Astronaut., 42(1–8), 1998, pp. 339 ss.;
2. Palinkas L.A., The psychology of isolated and confined environments. Understanding human behavior
in Antarctica, in Am Psychol., 58(5), 2003, pp. 353 ss.
3. Aydinonat D., Penn D.J., Smith S., Moodley Y., Hoelzl F., Knauer F., Schwarzenberger F. (2014) Social
isolation shortens telomeres in African Grey parrots (Psittacus erithacus erithacus). PloS one 9 (4): e93839.
doi:10.1371/journal.pone.0093839
4. Williams K.D., Govan C.L., Croker V., Tynan D., Cruickshank M., Lam A. (2002) Investigations into
differences between social- and cyberostracism. Group Dynamics: Theory, Research, and Practice 16
(1):65-77. doi: 10.1037/1089-2699.6.1.65
Curiosità sul sistema immunitario: alcuni dati che forse non sai
Il nostro sistema immunitario è costituito da un complesso insieme di organi e cellule altamente specializzate, dislocate in varie parti de corpo, che ci permettono
di sopravvivere a lungo: è colui che, lavorando senza sosta ci protegge da attacchi esterni, virus, batteri e parassiti. Per funzionare correttamente deve essere in grado di rilevare gli agenti patogeni e distinguerli dal proprio tessuto sano dell’organismo.
Il sistema immunitario è distribuito in tutto il nostro corpo e comprende una serie di organi deputati alla produzione di globuli bianchi (milza, midollo osseo, linfonodi, tonsille, timo- una piccola struttura nella parte anteriore del torace, che contiene i linfociti T, le cellule dendritiche ed i macrofagi). Le cellule immunitarie sono distribuite in tutti i tessuti del corpo, che raggiungono grazie alla circolazione sanguigna
1- Ogni elemento del sistema immunitario ha una funzione specifica. Possiamo pensare al sistema immunitario come ad un esercito di forze
armate:
– La prima linea di difesa è quella operata dai globuli bianchi, prodotti dal midollo osseo, che sono i primi ad intervenire sugli agenti patogeni e a
combattere le infezioni.
– I linfociti, una specifica tipologia di globuli bianchi, permettono all’organismo di ricordare i microbi che hanno precedentemente fatto
invasione in modo da combatterli in modo mirato più velocemente nel caso di future infezioni
– Il midollo osseo e i linfonodi sono le sedi che producono e immagazzinano le cellule che combattono le infezioni in tutto il corpo
– La milza controlla la quantità di sangue nel corpo e lo ripulisce dalle cellule vecchie e danneggiate. In particolare, la milza è un centro
nevralgico. Situata tra lo stomaco e il diaframma, è una sorta di grande linfonodo in cui vengono prodotti nuovi globuli bianchi, ci si disfa di
quelli vecchi e si mettono in comunicazione quelli già in circolo
2- Lo stress può influire sul funzionamento del sistema immunitario.
Lo stress incrementa i livelli di cortisolo, un ormone steroideo importante per la funzionalità del nostro corpo; un eccesso di cortisolo può generare diversi
disturbi, incluso l’indebolimento del sistema immunitario.
3- Le emozioni positive e uno stile di vita sano possono incrementare le difese immunitarie.
Il pensiero positivo e un atteggiamento improntato all’ottimismo possono aiutare il buon funzionamento del sistema immunitario, mentre alcune
abitudini come dormire poco o male, possono portare scompiglio anche al sistema immunitario, con la conseguenza di renderci più sensibili allo sviluppo
di influenza.
4- Il nostro sistema immunitario può auto attaccarsi. È il caso delle malattie autoimmuni, in cui il nostro sistema immunitario
commette un errore e attacca e distrugge tessuti, organi e apparati del nostro stesso corpo. Ci sono più di 80 tipologie di malattie autoimmuni conosciute:
alcuni esempi sono l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn, la psoriasi.
5- L’eccessiva pulizia può inibire il nostro sistema immunitario. L’eccesso di igiene e pulizia compromette anche nei bambini la capacità di
resistere alle infezioni.
6- Esiste un collegamento tra sistema immunitario e alimentazione. Per funzionare correttamente il nostro sistema immunitario necessita di una
vasta gamma di sostanze diverse presenti in diversi alimenti, come proteine, grassi, vitamine, minerali, oligoelementi e fitonutrienti. Una dieta povera di
queste sostanze può avere effetti anche sul nostro sistema immunitario.
7- Alcune sue cellule “killer” diventano “buone” in gravidanza. I linfociti natural killer, le cellule più aggressive del sistema immunitario,
presenti nell’utero materno, durante le prime settimane di gestazione sostengono il feto con la produzione di specifici fattori di crescita.
8- Esiste un legame tra sistema immunitario e attività fisica.La mancanza di attività fisica e il sedentarismo possono far si che si
accumulino più tossine, rendendoci in questo modo più propensi al contagio di malattie.
9- Ha una memoria da elefante. Il sistema immunitario può ricordare una infezione anche a decenni di distanza: i pazienti sopravvissuti alla prima epidemia di ebola nella Repubblica Democratica del Congo, risultano ancora immuni all’infezione dopo oltre 41 anni dal contagio. Questa “capacità di ricordare” è dovuta ad un ristretto gruppo di linfociti che sopravvivono anche 10 volte più a lungo degli altri, specializzandosi nel riconoscere il patogeno alla successiva ricomparsa.
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