Mindful Eating – mangiare con consapevolezza
I principi della Mindfulness – che sintetizzata ai minimi termini riguarda la consapevolezza del qui ed ora – possono essere applicati in qualsiasi nostra attività, e un modo per utilizzare questa tecnica salutare è incorporarla all’atto del nutrirsi.
Queste tecniche vengono adottate con successo con le persone per le quali il cibo o comportamenti ad esso collegati rappresentano un problema, ma si rivela efficace per tutti, perché può regalare un momento di calma e consapevolezza anche
durante l’assunzione dei pasti.
Spesso siamo sconnessi da quello che facciamo, soprattutto quando mangiamo: a volte mangiamo velocemente e in modo distratto, senza scegliere bene gli alimenti e senza essere consapevoli di ciò che stiamo facendo. Non a caso i problemi legati al
cibo e al comportamento alimentari sono sempre più numerosi e diffusi. Mangiare è diventata ormai un’attività meccanica: dobbiamo nutrirci, sentiamo la fame, ma spesso siamo talmente presi da tutto il resto che non ci rendiamo nemmeno conto
di ciò che stiamo masticando. Come cambiare le nostre abitudini poco sane? La Mindfulness ci insegna principalmente a “prestare attenzione”. Ecco qui spiegati alcuni passi per una buona Mindful Eating (mangiare con consapevolezza):
– Mangiare mindful coinvolge la capacità di riconoscere la fame fisica da quella emotiva e la scelta di determinati alimenti non solo perché nutrizionalmente sani ma anche perché buoni. Si tratta quindi di mangiare in modo
soddisfacente sotto tutti i punti di vista. Se hai difficoltà in questo, chiedi aiuto.
– Impegnati un po’ alla volta: inizia a prestare attenzione a un pasto, o a una parte di un pasto, o anche a una merenda o uno snack ogni giorno, per poi aumentare gradualmente l’attenzione sui piatti. Non pretendere di fare tutto subito, bisogna imparare a prestare attenzione!
– Mangia più lentamente. Mai davanti al pc mentre leggi le email o lavori, mai di fretta mentre cammini, mai quando sei al telefono. Prenditi il tempo per mangiare e per assaporare ciò che mangi.
– Quando si mangia con calma è più facile percepire il senso di sazietà e anche la digestione è facilitata
– Niente distrazioni: allontana cellulare e televisione. Ok alle eccezioni, ma non deve essere una regola.
Immagine corporea e benessere: quale relazione?
Schilder (1935) definisce l’immagine corporea “quel quadro del nostro corpo che formiamo nella nostra mente, ovvero il modo in cui il nostro corpo appare a noi stessi.” È interessante sapere che lo studio delle rappresentazioni corporee nasce nel XVI secolo, quando il chirurgo Ambroise Parè osservò e definì il cosiddetto fenomeno dell’arto fantasma, riscontrabile in soggetti che avevano subito l’amputazione di un arto (Guaraldi, 1990).
Ma come nasce l’immagine corporea?
Secondo alcuni studiosi questo costrutto si acquisisce attraverso 6 stadi principali (Lis, Venuti e Basile, 1990)
– Nascita: il neonato percepisce il proprio corpo in maniera vaga, globale, indifferenziata
– 3° mese: il bambino inizia a mostrare interesse per il mondo esterno, ma non distingue sé stesso dall’ambiente circostante (Wallon, Piaget, Mahler, 1954, 1967, 1982) e la sua bocca media tra i suoi bisogni e l’esterno (suzione)
– 6° mese: inizia la differenziazione tra sé e il mondo esterno
– dal 6° al 12° mese: il bambino sperimenta il proprio corpo e il mondo esterno e identifica meglio le forme corporee sugli altri piuttosto che su sé stesso
– dal 12° al 24° mese: il bambino scopre il mondo oggettuale (cioè il mondo attorno a lui). Dai 18 mesi impara a denominarsi guardandosi allo specchio (Mahler, 1982)
– dai 3 anni all’adolescenza: dai 3 anni il, bambino ha totale coscienza di sé. In preadolescenza prima e in adolescenza poi, avvengono tutte quelle trasformazioni nello sviluppo fisico, fisiologico e biochimico che coinvolgono il corpo e le sue rappresentazioni ed è per questo che l’adolescenza è il periodo forse più delicato, dove possono instaurarsi le prime insoddisfazioni e frustrazioni sul corpo e sull’accettazione di esso. Non accettare il proprio corpo e non piacersi sembra essere uno dei fattori predittivi di rischio per lo sviluppo di problematiche legate all’alimentazione.
L’immagine corporea sembra essere l’aspetto più doloroso ed invalidante nei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). La risoluzione della sintomatologia alimentare non sempre risolve il problema dell’immagine corporea e la persistenza di questo disagio è fattore predittivo di ricadute (Fairburn, 1993; Freeman, 1985; J.C. Rosen, 1990)
Immagine corporea: alcuni dati in infanzia e adolescenza:
– il 40% delle bambine e il 25% dei bambini delle elementari sono insoddisfatti del proprio corpo e vorrebbero essere più magri (Smolak, 1996)
– tra il 40 e il 70% delle ragazze adolescenti (12-17 anni) sono insoddisfatte di uno o più aspetti del loro corpo. Il disagio è avvertito soprattutto su fianchi, pancia, cosce (Smolak e Levine, 1996)
– Almeno la metà dei pz con DCA sovrastima significativamente la propria taglia (Collins, 1987, Horne et al. 1991)
– Nell’anoressia l’errata percezione della dimensione corporea predice livelli più alti di psicopatologia ad es: perdita del controllo, bassa forza dell’Io, alti livelli di depressione, introversione, ansia, anedonia.
Per le persone che soffrono di problematiche legate all’alimentazione il controllo alimentare rimane l’approccio più semplice per ridurre il problema dell’immagine corporea, e questo complica la gestione e la cura del disturbo. Il periodo
adolescenziale è uno dei più difficili proprio perché in questa fase lo sviluppo puberale solitamente si accompagna ad un aumento del peso, che è un normale processo biologico, ma può destabilizzare la ragazza o il ragazzo che lo sperimenta.
Ci sono diversi fattori con forte influenza sulle rappresentazioni corporee e ai quali dovremmo prestare particolare attenzione, come ad esempio:
– il ruolo importante dei genitori e dei pari (controlli del peso, critiche, commenti..)
– come l’ambiente reagisce ai cambiamenti del corpo dell’adolescente
– la valorizzazione della magrezza nella nostra cultura (influenza rilevante dei media (Field et al, 1999) Instagram, photoshop, ecc.)